La modella d’arte
“Modella di Klimt” ( Giuditta II)
Stefano Bigazzi
(2012)
È un perfetto allestimento teatrale, festoso e complesso, nell’ingannevole sovrapposizione di personaggi che Virginia Monteverde dispone come attrice autrice e regista nell’opera di Gustav Klimt, a sua volta già sdoppiata. L’artista assegna così ciascun ruolo a un attore, del tutto consapevole (tanto Virginia quanto il personaggio stesso) della moltepilcità delle interpretazioni.
Come in un mondo di dimensioni apparentemente parallele (perché in questo caso sono destinate a incontrarsi e quindi a intrecciarsi) la scrittura artistica di VM articola più passaggi culturali già intrapresi in progetti precedenti, di cui interessa la capacità di lettura del contesto (paesaggio, opera, essere) e rilettura in altra – opportunamente modificata – appartenenza di genere.
Elemento fondamentale di tale processo è la capacità di scansione ideale e la scomposizione dei dati visivi: in questo caso essi sono dati dalla percezione dell’oggetto considerato nel quale traspare e si intravede un secondo, tuttavia restando nella sospensione del movimento: in Giuditta e il suo doppio entra un nuovo personaggio (che sarà comunque suscettibile di ulteriore moltiplicazione), simbologia della frammentazione in cui l’individuo si trova tra individui ma anche la possibilità di integrazione tra singoli.
Una parte del quadro di Klimt (che nell’occasione aveva determinato un omaggio specifico alla propria modella storica e a quante hanno di conseguenza offerto agli autori sembianze e suggerimenti) mostra la presenza della modella di VM, che non pone (non impone) una visione di corpo degenerato-decomposto per cui dall’epidermide invecchiata cresce nuova pelle, piuttosto diversa e capace di dialogare con la composizione originale che presenta una citazione: è una crescita per innesto, una fioritura eterogenea da radici omogenee, ricca di contenuti e presupposti: nella manifestazione del nuovo, VM proietta l’idea di arricchimento della materia materiale-immateriale, il corpo e il pensiero, una forma (difforme ma comprensibile, evidente, connotata) da cui qualsiasi altra forma nascente indichi un itinerario ragionevole e spettacolare.